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ARTICOLI e RECENSIONI

 

 

 

La Nouvelle Vague Magazine

RIFLESSIONI POSTUME  (Roma Fringe Festival 2013)

recensione di Giulia Bornacin

 

E’ un Achille Campanile nuovo, contemporaneo, logico e risolutivo quello che ieri sera ha fatto vivere Ezio Budini in “Riflessioni Postume” trattando finalmente la “morte” per quello che è: naturale, semplice e ovvia.

E’ accattivante Budini. Con una presenza scenica degna di chi sa di conoscere il proprio mestiere molto bene, si muove sul palco e sulle parole con maestria misurata ed intelligente. Notevole la scelta di far accomodare alcuni spettatori sul palco a sottolineare che i veri protagonisti, questa volta, siamo inevitabilmente tutti.

Budini ci fa da Cicerone in quello che è un percorso logico…come una chiacchierata col saggio vicino di casa o con un professore che non aspetta altro che condividere il suo sapere piùttosto che insegnarlo.

Bellissimo esempio di teatro che ha qualcosa da dire. Da vedere assolutamente!

 

 

Periodico Italiano Magazine

RIFLESSIONI POSTUME  (Roma Fringe Festival 2013)

recensione di Vittorio Lussana

 

Ezio Budini si dimostra attore completo e di esperienza nel presentare questo monologo sulla morte carico di ironia e di humor ‘nero’. Il genere non è molto amato qui da noi, poiché realista e sottilmente beffardo nel descrivere comportamenti e convenzioni sociali prive di ogni effettiva razionalità. “Chi muore giace e chi vive si dà pace” diviene, pertanto, una chiave interpretativa da ribaltare completamente: sono i vivi coloro che si affannano in un’esistenza futile e angosciosa, mentre è il morto a essere veramente fortunato, poiché finalmente può godersi la pace dell’eternità. Spettacolo intelligente e garbato.

 

Recensioni dello spettacolo "Riflessioni Postume" di Achille Campanile

progetto scenico, interpretazione e regia di Ezio Budini

Recensione dello spettacolo d'improvvisazione

QUINDI...ECCO...DICIAMO...CIOE'...BOH? - LE DINAMICHE DELL'INCOMUNICABILITA'

in scena con gli allievi del gruppo base di ResNudaTeatro

regia Ezio Budini - stagione 2014-2015

 

del Prof. Renato Gentile - psicologo e psicoterapeuta

 

 

Andare in giro per l’Italia è qualcosa che ancora mi affascina e soprattutto non mi stanca.

Sono veramente fortunato: occasioni diverse di lavoro (didattiche, professionali, editoriali ed artistiche) mi portano in luoghi dove, in ogni caso, verrò puntualmente a contatto (e conoscerò) gente nuova, usanze, modi di dire, fare, usare che hanno il sapore della libertà. Così alla occasione della conoscenza ed al sapore della libertà aggiungo la soddisfazione della gioia. Raramente torno in albergo senza poter esprimere (nella condivisione con le persone care) di aver trascorso una bella giornata.

Prima della pausa natalizia sono stato impegnato (per un Master) in una città della parte centrale della Nazione, lato est. Ancona. Da qui, poi, a Pescara.

E’ mia abitudine, una volta in “libera uscita” – libero cioè dagli impegni – chiedere di assistere o partecipare a spettacoli locali: quelli che nascono dal cuore della Città, quelle che arrivano dal lavoro di chi vive e lavora in quella realtà. Mi piace gironzolare tra le radici del tessuto locale.

Evito, in queste occasioni, le rappresentazioni ufficiali di “grido” o del momento. Proprio l’anno scorso, nel medesimo periodo, ho assistito, in Sicilia, ad uno spettacolo – tenuto in un piccolo teatro (I magazzini del sale) – che mi ha dato l’occasione (e perché no, la fortuna) di conoscere artisti dei quali tengo a mente il nome: non si sa mai quello che potrei inventarmi nel futuro. La vita, lo ripeto, è l’arte dell’incontro.

Le persone conosciute a Pescara (divenuti ovviamente amici) – vista la (insolita) richiesta – mi propongono di assistere ad uno spettacolo teatrale, frutto del lavoro di una scuola di didattica teatrale di giovani colleghi. Il tema dello spettacolo, poi, è musica per le mie orecchie: dinamiche della comunicazione. E’ fatta.

Il teatro, piccolo e “nascosto” è un luogo (quella che altri definiscono location) accogliente; una di quelle fucine nelle quali si lavora sodo. Gli attori sono tre: Alessandro Luberti, Arturo Benvenuto e Sara Ridolfi. Una breve presentazione di rito, i ringraziamenti a chi di dovere e poi in scena. Inizia lo spettacolo: tempi e ritmi adeguati da una regia precisa, attenta.

Una “originale” – ma bisognerebbe dire “reale” – carrellata di episodi sui quali viene materializzato, costruito, una sorta di archetipo (attuale) di incomunicabilità sul quale prendono forma, si intrecciano, senza mai incontrarsi né risolversi, messaggi (verbali) proto comunicativi: richieste di aiuto puntualmente disattese, inascoltate; disattenzioni parlate in terza persona plurale non reversibili che diventano mute riflessioni per il pubblico (che esplodono puntualmente, di volta in volta, al momento giusto in un applauso).

In “poche” parole, paradossalmente incalzate da fiumi di logorrea insensata, vengono sviluppate varie sfaccettature del mondo (in)comunicativo in cui viviamo: tutti i giorni per tutto il giorno. Episodi e situazioni perfettamente chiare, riconoscibili (forse anche familiari): intelligentemente (ed allegramente) argomentate da un fluire che ha una sola grande natura: l’improvvisazione. Si avete ben inteso: lo spettacolo viaggiava sulle corde dell’improvvisazione. Da non credere. Unica cosa nota il tema: come nel Jazz. E questo la racconta lunga, come suol dirsi, sul lavoro dei tre giovani attori, guidati dall'attore e regista Ezio Budini, e sulle loro qualità.

Fermarsi per qualche minuto con i tre attori, dopo lo spettacolo, a parlare, raccontare, riflettere a voce alta, chiedere: è stato altrettanto delizioso, vero. Senza schemi né ruoli formali. E’ stato uno spettacolo dal messaggio chiaro, facile da cogliere, grazie al lavoro gustoso, allegro, gradevole e soprattutto estemporaneo delle interpretazioni. Un lavoro che, visto nella sua semplicità, risulta davvero geniale. La nostra comunicazione è diventata patologica e gli artefici siamo noi stessi.

Mi fa piacere che, finalmente, nel post decennio di quella che è stata indicata come rivoluzione comunicativa, qualcuno (soprattutto giovane) abbia saputo, spontaneamente con le proprie parole, scelte con bravura momento su momento, condannare, castigare il “mal costume” di una società che è muta e non solo sorda.

Tanti auguri per Alessandro, Arturo e Sara. E al loro regista.

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